Tra le fasi di crescita più delicate per i bambini quello dello svezzamento rappresenta uno dei momenti che possono davvero fare la differenza per quel che concerne l’alimentazione dei nostri figli. L’abbandono graduale dal latte materno e l’introduzione di alimenti, anche solidi, di vario genere all’interno della loro dieta dovrebbe seguire alcune regole di base che, se rispettate, possono evitare o almeno limitare un fenomeno diffuso nei primi anni di vita dei più piccoli, vale a dire la neofobia alimentare.
Cos’è la neofobia alimentare
Per neofobia alimentare intendiamo il rifiuto da parte del bambino di assumere un nuovo cibo o una nuova proposta culinaria. Tale opposizione è tipica nella fase dello svezzamento, quando i genitori cominciano a strutturare una dieta completa di tutti i nutrienti necessari per lo sviluppo fisico e cognitivo del proprio figlio, aggiungendo di volta in volta nuove pietanze, con le quali quest’ultimo non è mai entrato in contatto in precedenza.
Quante volte abbiamo sentito dire dalle mamme e dai papà che il proprio bambino non vuole mangiare ad esempio la frutta e la verdura? In questi casi stiamo parlando proprio di neofobia alimentare. Generalmente questo atteggiamento oppositivo nei confronti di ciò che è nuovo dovrebbe terminare intorno ai 5 anni, un’età entro la quale il bambino dovrebbe già aver sperimentato, in questo caso “assaggiato”, la maggior parte degli alimenti e appreso dai propri genitori i giusti comportamenti da tenere a tavola.
Non sottovalutare la neofobia
Pur essendo una circostanza riscontrabile frequentemente nei primi anni di età del bambino, la neofobia non deve essere sottovalutata o ignorata in quanto potrebbe avere delle conseguenze negative sulla sua crescita dovute a carenze nutrizionali, soprattutto per quegli alimenti ricchi di vitamine e proteine che solitamente non vengono accettati favorevolmente, come appunto le verdure e i legumi ma anche la carne. Generalmente la neofobia alimentare riguarda cibi che hanno una colorazione interpretabile come insolita dal bambino (ad esempio il verde delle verdure) o un sapore più aspro o forte. Difficilmente dovremo affrontare questo tipo di problema per pietanze dolci.
Le cause della neofobia
Le motivazioni dietro all’insorgere di manifestazioni neofobiche a livello alimentare nei nostri figli risiedono in un atteggiamento ancestrale dell’essere umano, che intrinsecamente tende a diffidare di tutto ciò che nuovo. Una sorta di protezione istintiva che è maggiormente marcata nei primi anni di infanzia. Il bambino, le cui esperienze e conoscenze dell’ambiente circostante sono ancora molto limitate, fissa dei punti fermi nella sua quotidianità, abitudini routinarie che infondono in lui sicurezza e tranquillità, e tra queste rientra anche il momento dedicato alla sua nutrizione.
Passare dal latte preso direttamente dalla mamma o dal biberon alla sperimentazione di nuovi cibi sostitutivi, con consistenze e sapori nuovi, può essere un evento traumatico che più che interessare strettamente il gusto, coinvolge la sfera psicologica e affettiva. La neofobia alimentare può essere correlata anche al normale atteggiamento oppositivo che i bambini hanno nei confronti della “autorità”, in questo caso i genitori, tipico delle sue fasi della crescita, rifiutando il cibo per ragioni che attengono al suo sviluppo caratteriale ed identitario.
Quando può essere utile rivolgersi ad uno specialista
Anche la predisposizione genetica è considerata una causa di questo problema: secondo alcuni studi, un figlio di genitori che hanno sofferto o che soffrono (succede anche agli adulti!) di neofobia alimentare, tende ad avere lo stesso atteggiamento. In questo senso, però, è maggiormente ipotizzabile che le cause siano riconducibili a un comportamento meno paziente del genitore neofobico, piuttosto che a fattori ereditari.
Qualora la neofobia alimentare fosse accompagnata anche dal rifiuto costante di altre nuove attività non legate strettamente al cibo, potrebbe essere utile rivolgersi a un neurologo pediatrico per stabilire la presenza di altri disturbi, come quello dello spettro autistico, caratterizzato da preferenze rigide e insostituibili, per il quale è stata riconosciuta un’associazione a livello medico per questo tipo di comportamento.
Consigli per affrontare la neofobia alimentare dei nostri bambini
Come intuibile, coloro che hanno il compito di supportare il proprio figlio nel superamento di questa fase tipica dell’infanzia sono ovviamente i genitori. Come mamme e papà dobbiamo tenere alcuni comportamenti che possono davvero fare la differenza nell’eliminare o almeno limitare questo fenomeno.
Il primo consiglio che possiamo dare riguarda la metodologia di somministrazione del nuovo alimento. Qualora ravvisassimo un rifiuto di un determinato cibo, dobbiamo evitare di forzare il bambino a mangiarlo e di proporglielo con troppa costanza. In questi casi, infatti, è molto probabile che il bambino renda questo rifiuto ancora più eclatante e che possa addirittura arrivare a vivere il momento del pranzo e della cena come una situazione di paura, portando a inappetenza e malnutrizione.
Allo stesso modo, non dovrebbero essere contemplate delle punizioni o proibizioni conseguenti all’opposizione in quanto tali comportamenti pur avendo un’efficacia nel breve termine, a lungo andare non sono sostenibili perché vissuti unicamente come un’imposizione e non come un momento in cui fare esperienza con ciò che rappresenta una novità, a tavola come nella vita di tutti i giorni. D’altra parte lo stesso effetto si avrebbe anche in caso di premi o ricompense, da escludere perché relativi a un “riflesso automatico” che non offre nulla alla crescita cognitiva di nostro figlio. L’ideale sarebbe quello di fare tentativi con intervalli di tempo non troppo stretti ma neanche troppo dilatati.
Rendere il bambino protagonista della novità
Un modo per far accettare il nuovo cibo è quello di rendere il bambino protagonista della novità, coinvolgendolo nella sua preparazione, ma anche nel momento della spesa, e ideando dei giochi che possano divertirlo e infondergli curiosità. Al riguardo, presentare la pietanza con forme particolari, facendo leva anche sull’abbinamento di colori, può essere una soluzione efficace per fargliela assaggiare, accettando anche il fatto che nostro figlio possa fisicamente “tastare con mano” l’alimento, per conoscerne la consistenza.
Anche variare le ricette e “camuffare” l’ingrediente “incriminato” può servire a migliorarne la sua accettazione. In ogni caso, è sconsigliabile fare il passo indietro, sostituendo il cibo con il latte pur di farlo mangiare, perché limiterebbe ancor di più le occasioni di proporre nuovi sapori da sperimentare.
Anche il buono esempio è una base di partenza utile per contrastare la neofobia alimentare. Il genitore è il principale punto di riferimento del bambino, che tenderà a imitare i suoi comportamenti. Le mamme e i papà devono quindi essere i primi a non rifiutare il cibo ma, anzi, dimostrare la sua bontà davanti al bambino, così che lui si senta più sicuro nell’assaggiare qualcosa di nuovo. In questo senso, anche l’ambiente svolge un ruolo fondamentale: quando vogliamo far provare un alimento per la prima volta è bene che questo momento avvenga in un contesto familiare (casa) e non circondati da persone sconosciute o luoghi non interpretati dal bambino come sicuri (ad esempio il ristorante).
Frequentare la mensa dell’asilo nido o della scuola d’infanzia rappresenta una soluzione molto indicata: oltre a essere presente uno staff qualificato ad avere a che fare con tutti i mutevoli atteggiamenti dei bambini e a mettere in atto i giusti correttivi, pranzare a scuola determina senza dubbio un’alimentazione completa di tutto ciò che serve alla crescita e allo sviluppo fisico e cognitivo, ma soprattutto, il mangiare insieme ai coetanei può portare a conformarsi con i propri simili: vedere un bambino che mangia qualcosa di nuovo, può generare un meccanismo di imitazione, portando nostro figlio ad assaggiare anche lui quella determinata pietanza.
In linea generale, però, è bene sottolineare che non tutti gli alimenti vengono rifiutati per neofobia alimentare. Come è normale, infatti, esistono dei cibi che semplicemente non piacciono, esattamente come avviene in ognuno di noi anche nell’età adulta. Ciò che è fondamentale è la pazienza di noi genitori che, giorno dopo giorno, dobbiamo essere in grado di interpretare correttamente i comportamenti dei nostri figli e muoverci di conseguenza, sempre con serenità, tranquillità e quel pizzico di fantasia che facilita tutto, specie con i più piccoli.